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19 giugno 2012 2 19 /06 /giugno /2012 10:07

anoressia

 

“Gli piacerebbe essere soltanto nebbia per non farsi trovare da nessuno”. E.Canetti

 

L'Anoressia è sicuramente il più conosciuto tra i disordini alimentari e sembra interessare prevalentemente giovani donne (spesso in età adolescenziale).

 

L'Anoressia consiste in una patologia alimentare caratterizzata dal rifiuto nei confronti del cibo fino ad un dimagrimento tale da poter risultare mortale.

 

Sebbene sia un problema molto discusso negli ultimi anni, soprattutto per la relazione che ha con il mondo della moda, gli ultimi dati mostrano che il 65% dei casi evolve in altri tipi di disturbo come il Vomiting e il binge-eating.

 

Si tratta di una patologia che si struttura gradatamente, attraverso un processo di astinenza dal cibo che è spinto dalla volontà di dimagrire , per raggiungere un modello di bellezza percepito come socialmente gratificante.

Dopo qualche tempo però tale modalità diventa autoreferenziale e si autoalimenta, per cui la percezione di queste persone risulta totalmente alterata.

 

Generalmente l' “astinenza” non riguarda solamente il cibo, ma è indirizzata a qualsiasi sensazione piacevole a livello personale e sociale; i soggetti anoressici si imprigionano dentro una sorta di armatura protettiva che però, in breve tempo, diventa la loro prigione.

Tutto inizia come una sorta di percorso ascetico di rinuncia alle sensazioni piacevoli, fino a che l'astinenza diventa la modalità principale di percezione e reazione nei confronti della realtà.

 

In definitiva, l' ossessione per la magrezza , attraverso l'auto-imposizione dell'esercizio ascetico della rinuncia al cibo e alle sensazioni piacevoli, diventa una irrefrenabile compulsione all'evitamento alimentare.

 

Una volta strutturatasi, l'anoressia risulta essere un disturbo molto difficile da trattare , e si mostra molto resistente soprattutto ai trattamenti basati sulla ragionevolezza e sulla razionalità.

 

Trattare strategicamente un disturbo anoressico significa utilizzare le stesse logiche non ordinarie del disturbo per rompere il circolo vizioso instauratosi, che imprigiona la persona e la famiglia.

 

In questo approccio ci si avvale perciò di stratagemmi terapeutici che hanno come obiettivo, da un lato, interrompere il circolo vizioso dell'astinenza dal cibo e dal piacere in generale e, dall'altro, la modifica degli atteggiamenti e comportamenti assunti dai familiari , che spesso in buona fede alimentano la persistenza della patologia.

 

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19 giugno 2012 2 19 /06 /giugno /2012 10:05

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"Viviamo nella paura ed è così che non viviamo" M. Ghandi                                                                                                   

"Il panico può essere definito come la forma più estrema di paura , che si raggiunge in seguito ad un'escalation di sensazioni e tentativi di controllo che intrappolano la mente fino alla percezione di totale perdita di controllo su se stesso da parte del soggetto.

 

Da un punto di vista strategico è più corretto parlare di Sindrome da Attacchi di Panico, poiché numerose ricerche neurofisiologiche ed empiriche hanno dimostrato che gli attacchi di panico non sono un vero e proprio disturbo a sé, ma l'effetto di una serie interattiva di eventi collegati ed interdipendenti.

 

In sostanza, il panico può essere determinato da diverse patologie per cui, ad esempio, può essere innescato da una fobia, da una patologia fobica generalizzata, da una fissazione ipocondriaca, da un'ossessione, da una crisi depressiva o da una paranoia.

 

Normalmente le persone che soffrono di questa patologia sono intrappolate in un circolo vizioso dove ciò che mantiene il problema è proprio quello che fanno nel tentativo di sfuggire alla paura.

 

Infatti, i “ panicati ” solitamente mettono in atto 3 tentate soluzioni che, invece di risolvere, complicano e mantengono il circolo vizioso del disturbo:

 

1- Controllo volontario delle proprie sensazioni di paura e reazioni psicofisiologiche di ansia;

2- Evitamento delle situazioni temute;

3- Richiesta di rassicurazione e aiuto.

 

La ripetizione nell'arco di alcuni mesi delle tentate soluzioni sopra descritte porta alla strutturazione di un circolo vizioso patologico, ovvero la sindrome da attacchi di panico.


Fino a qualche anno fa il vissuto più frequente nell'attacco di panico era la paura di morire, mentre negli ultimi anni si riscontra nella maggior parte dei casi la paura di perdere il controllo di se stessi e delle proprie funzioni vitali.

 

Una terapia efficace ed efficiente del panico deve guidare il paziente ad interrompere le 3 sopracitate strategie fallimentari, sostituendole con modalità funzionali. Per fare ciò in tempi brevi , è necessario utilizzare stratagemmi terapeutici che conducano il paziente, a sua insaputa, a sperimentare concretamente il superamento del panico.

 

Solo dopo la rapida scomparsa dei sintomi, si lavora sulla consapevolezza del soggetto rispetto alle proprie risorse.


Il ricorso a stratagemmi è necessario poiché il panico, come la quasi totalità delle patologie psicologiche, si regge su un circolo vizioso, un autoinganno disfunzionale, che ha una notevole resistenza al cambiamento, aggirabile solo tramite un contro-inganno terapeutico.

 

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19 giugno 2012 2 19 /06 /giugno /2012 10:04

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RISORGERE E VINCERE: Una storia di talento, tecnica e strategie mentali

Aldo Montano - Giorgio Nardone - Giovanni Sirovich

 

Trionfare alle Olimpiadi non è cosa da tutti.

 

Ma affrontare una crisi durissima e risorgere ai massimi livelli nonostante gli infortuni è forse un’avventura irripetibile per uno sportivo. Il protagonista di questa impresa è Aldo Montano, campione indiscusso della scherma italiana e internazionale degli ultimi anni.

 

È una storia di rivalsa, di vittorie, costellata anche di profondi timori e delusioni, che culmina con l’esaltante conquista che ha portato Montano sul gradino più alto del podio ai Campionati mondiali di Catania del 2011.

 

Il racconto è una cronaca sportiva avvincente, e insieme un moderno romanzo di cappa e spada – incruento e spesso ironico – raccontato da un punto di vista privilegiato, «dietro le quinte», dalle voci dei tre personaggi: il campione Aldo Montano, il commissario tecnico della nazionale di sciabola Giovanni Sirovich e Giorgio Nardone, «psicologo e stratega».


Rispettivamente talento, tecnica e forza della mente: al di là delle doti naturali e della potenza muscolare dell’atleta, la performance richiede modelli percettivi e reattivi elevatissimi, in cui la tecnica si fa fluida, spontanea, fino alla «trance agonistica». Così il Problem Solving Strategico, l’ipnosi e gli stratagemmi suggeriti diventano strumenti altamente efficaci a disposizione dello sportivo – e determinanti nel caso di Montano.

 

Il testo, infatti, rappresenta anche una sorta di manuale di scienza della performance. Ma l’autentica bellezza di queste pagine, la loro profonda umanità, è che può riguardare tutti noi da vicino, e insegnarci che il coraggio e il sacrificio sono risorse insostituibili in qualunque situazione.

 

"Una metafora evocativa di come ogni individuo dovrebbe agire in vista degli obiettivi esistenziali o professionali: mai farsi scoraggiare dagli ostacoli e dalle avversità del destino, anche quando questo richiede sforzi erculei e sacrifici estremi, così come l’umiltà di mettere in discussione le proprie idee e azioni, sino a sconvolgerle, se necessario. Al di là della vicenda sportiva, questa storia rappresenta una lezione di vita bella e profondamente educativa."

 

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19 giugno 2012 2 19 /06 /giugno /2012 10:03

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"Non sai mai quanto sei forte, finche' essere forte e' l'unica scelta che hai". C. Palahniuk

 

La parola “depressione” è molto usata nel linguaggio comune così come in quello della psicologia clinica, tuttavia spesso dà adito a incomprensioni e significati differenti.


Dal punto di vista della psichiatria e della psicologia clinica, la depressione appartiene, insieme al disturbo maniacale e al disturbo bipolare, alla categoria dei disturbi dell'umore.

 

Gli studi empirici condotti attraverso l'approccio strategico-costruttivista, hanno però evidenziato che la diagnosi di depressione (anche nel caso di quella bipolare) è decisamente abusata , poiché in alcuni casi si tratta di reazioni depressive ad eventi di vita (lutti, abbandoni, traumi, ecc.) mentre nella maggioranza delle situazioni, l'effetto depressivo è una conseguenza di altri disturbi o problemi psicologici.

 

In sostanza, è stato possibile verificare che gran parte dei problemi diagnosticati come depressioni sono in realtà reazioni depressive conseguenti a disturbi fobico-ossessivi (attacchi di panico, ossessioni, fobie), disturbi di tipo paranoico, e problemi relazionali di vario tipo.

 

Partendo da questa evidenza empirica, diventa fondamentale lavorare sul problema o il disturbo che sta alla base della reazione depressiva. Ad esempio, un soggetto che ha una modalità disfunzionale di relazionarsi con gli altri tende a costruire legami difficili e fallimentari, che lo portano a vivere sensazioni di rifiuto e possono portarlo a sviluppare sentimenti e vissuti di tristezza e profonda frustrazione. In questo caso, spesso l'effetto inevitabile è quello depressivo, ma l'unico modo per risolvere il problema è lavorare sulle modalità relazionali.

 

Non è un caso quindi che le cure farmacologiche antidepressive spesso non riescano a risolvere il problema o, anzi, tendano a cronicizzarlo. Il motivo è molto semplice: i farmaci alzano il tono dell'umore “chimicamente” ma non cambiano le modalità di percepire, reagire e relazionarsi con se stessi, gli altri e il mondo circostante.

 

Da un punto di vista strategico, è invece possibile parlare di depressione quando siano presenti le tentate soluzioni persistenti di rinuncia e delega agli altri da parte dei soggetti, che assumono così una posizione vittimistica.

 

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19 giugno 2012 2 19 /06 /giugno /2012 10:02

 

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“Un'ossessione vissuta alla sazietà si annulla nei suoi stessi eccessi” E. Cioran

 

Il termine Ossessivo-Compulsivo viene utilizzato ormai anche nella lingua comune e lo si ritrova sovente in giornali libri o film. La persona ossessiva viene descritta come una persona piuttosto "bizzarra", che può apparire a volte buffa e divertente, a volte angosciante.

 

Le persone che hanno delle ossessioni, cioè dei pensieri intrusivi, ricorrenti e inappropriati, spesso mettono in atto, per scacciarli, delle compulsioni, che possono avere la forma di comportamenti ripetitivi apparentemente insensati o delle azioni mentali come contare, pregare, ripetersi frasi, formule, pensieri positivi o numeri fortunati nella speranza di poter scongiurare la possibilità che si avveri il contenuto del pensiero ossessivo e ridurre di conseguenza l'ansia.

 

Il circolo vizioso nasce dal fatto che ciò che inizialmente sembra la soluzione in realtà diventa esso stesso il problema.

 

La persona che soffre del Disturbo Ossessivo-Compulsivo non può più interrompere i pensieri ossessivi e i rituali compulsivi perché è travolto dalla paura. La persona, per non avere il panico, è condannata ad evitare ciò che gli scatena la paura o a ripetere le ossessioni compulsive, pagando un prezzo molto alto in termini di libertà diventandone schiavo.

 

Es. una persona che ha la fobia dello sporco ogni volta che percepisce la paura si lava per sedarla. Dopo qualche periodo di ripetizione di tale copione diventa però schiavo del bisogno di lavarsi, per impedire che la sua paura cresca fino ad arrivare al panico.

 

Le ossessioni sono idee, pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti come intrusivi e inappropriati che causano forte disagio all’individuo.

 

Esse infatti sono spesso accompagnate da emozioni sgradevoli, come paura, disgusto, disagio, dubbi, o dalla sensazione di non aver fatto le cose nel "modo giusto", e gli innumerevoli sforzi per contrastarle non hanno successo, se non momentaneo.

 

Spesso cio' che provoca ansia, necessità di controllo e spinta a mettere in atto rituali ripetitivi volti a scacciare il dubbio, è la “paura di poter fare del male sia a sé stessi che all’altro” una vera e propria fobia, di fronte alla quale il soggetto deve difendersi attraverso la ripetizione di pensieri o rituali che hanno l’effetto di placare la paura.

 

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19 giugno 2012 2 19 /06 /giugno /2012 10:00

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"Non so dirti se sarà meglio quando sarà diverso, ma sono dell'opinione che sia necessario che cambi, se deve migliorare"

 

Di fronte a una difficoltà da risolvere sia essa individuale, relazionale o professionale, tendiamo a utilizzare una strategia che ci appare produttiva; magari perchè ha funzionato nel passato per un problema simile.

 

Capita però, talvolta, che la strategia scelta, che ritenevamo essere la più logica, non abbia l'esito sperato nell'immediatezza e che il suo "non funzionare", come ci saremmo aspettati, ci porti ad intensificare i nostri sforzi, persistendo in quella direzione percepita come l'unica possibile.

 

A questo punto, senza che ce ne accorgiamo, la difficoltà iniziale non solo non si risolve, ma si complica, divenendo un vero e proprio problema strutturato.

 

In altri termini, sono proprio gli sforzi messi in atto dal soggetto e dalle persone a lui vicine, in direzione del cambiamento, a mantenere/peggiorare la situazione.

 

La persona riconosce spesso questi tentativi di soluzione come non funzionali, ma non può fare diversamente sviluppando così una radicata sfiducia nelle possibilità di un cambiamento della propria situazione problematica.

 

Da un punto di vista strategico, per risolvere un problema non occorre svelarne le cause originarie risalendo ad un fantomatico passato, bensì si lavora su come esso si mantiene nel presente, grazie alla ridondante ripetizione delle "tentate soluzioni".

 

Per questo motivo il primo obiettivo di un terapeuta strategico consiste nel "rompere la rigidità", provocare una rottura del circolo vizioso stabilitosi tra le tentate soluzioni e la persistenza del problema, lavorando sul presente piuttosto che sul passato; su "come funziona" il problema, piuttosto che sul "perchè esista"; sulla ricerca delle "soluzioni" piuttosto che delle "cause".

 

L' obiettivo finale sarà risolvere il problema e i vari disturbi invalidanti attraverso un "cambiamento" del punto di osservazione del soggetto dalla sua posizione originaria e disfunzionale a una prospettiva più elastica e funzionale e con maggiori possibilità di scelta all'interno di un ventaglio di diverse possibili strategie risolutive.

 

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19 giugno 2012 2 19 /06 /giugno /2012 09:58

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"Quando si tratta di malattie, non direi mai di essere un ipocondriaco. Semmai sono un allarmista. Non e’ che mi senta malato di continuo, ma quando mi ammalo penso subito che sia la volta buona". Woody Allen

 

L' ipocondria è un altro disturbo fobico-ossessivo tipico dei nostri tempi e della nostra società occidentale post-moderna, in cui "l'eccesso di controllo", in questo caso sulla propria salute fisica, spesso porta alla percezione di perdita di controllo.

 

In sostanza il soggetto cosiddetto ipocondriaco vive in uno stato di costante preoccupazione per la propria salute, perennemente all'ascolto del proprio corpo in cerca di segnali che possano permettergli di prevenire l'insorgenza di malattie gravi.

La trappola sta proprio nel fatto che “chi cerca trova”, poiché chi ascolta le proprie sensazioni fisiche al fine di rilevare i sintomi di possibili malattie crea la trappola patologica di alterare veramente i parametri fisiologici.

 

Ad esempio, la persona che ha paura dell'infarto e fa attenzione continuamente al proprio battito cardiaco crea un paradosso psicofisiologico per cui i battiti si alterano veramente e dunque la paura aumenta, fino a creare un'escalation che può arrivare al panico con la sensazione di avere un infarto.

 

Gli ipocondriaci, spesso con l'inconsapevole collusione del medico di base, effettuano di continuo analisi e visite mediche specialistiche per rassicurarsi rispetto alla possibilità di avere una grave malattia.

 

Il problema sta nel fatto che dopo ogni esito negativo di un esame clinico la tregua dal dubbio fobico dura poche ore, o pochi giorni, e poi tutto il circolo vizioso riparte.

In alcuni casi più gravi non c'è nessuna tregua, poiché l'esito negativo di un esame porta direttamente questi soggetti a pensare che l'esame sia sbagliato o insufficiente e che sia necessario farne immediatamente altri più accurati.

 

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Chi Sono...

  • : Dr. Enrico Chelini - Psicologo Livorno
  • : Temi di carattere Psicologico rivolti alla salute e al benessere. Il Blog è gestito dal Dr. Enrico Chelini Dr. Magistrale in Psicologia Sperimentale, coach, Ipnotista di 1° livello, specializzando in Psicoterapia Breve Strategica presso il CTS di Arezzo diretto dal Prof. Giorgio Nardone. Iscritto all'Ordine degli Psicologi della Regione Toscana al n° 5887. Fondatore dell'Associazione Umanitaria Serendipity. Via delle Galere n°40 Livorno Via Provinciale Pisana n°3 Livorno w
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